Il mio personale interesse per la regione del Nagorno Karabakh nasce totalmente a caso. Avendo già sperimentato direttamente la bellezza del Caucaso, visitando la Georgia qualche anno prima ed essendomene innamorato, decido di tornarci, però questa volta fissandomi una nuova tappa: l’Armenia. Ne avevo sentito parlare molto bene; posto realmente economico, paesaggi mozzafiato, persone veramente ospitali, gentilissime e cibo buonissimo.
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Le premesse erano buone, la prenotazione istantanea. È stato un mio amico a parlarmi del Nagorno Karabakh, sapendo appunto il mio interesse per l’Armenia, mi ha portato a conoscenza di questa regione, della sua storia. Non ho potuto far altro che decidere di includere questa ulteriore tappa nel mio itinerario. Siamo partiti alla volta dell’Armenia io e la mia ragazza, intenzionati a girare tutto il paese, incluso il Nagorno Karabakh e abbiamo pensato bene di non farci trovare impreparati; una volta arrivati a Jerevan, abbiamo noleggiato una macchina. Una bellissima e perfettamente integrata nel contesto delle montagne caucasiche, Lada Niva.

Raggiungere il Nagorno Karabakh
Raggiungere il Nagorno Karabakh non è stato uno scherzo devo ammetterlo, certo non ci siamo aiutati molto nel farlo vista la scelta del mezzo e visto che non avevamo altro per orientarci se non una mappa cartacea vecchio stile in una scala non propriamente adeguata.
Ma non è questo il bello di avventurarsi in luoghi meno battuti e più “sconosciuti?”
L’intero territorio armeno, escludendo la capitale, è montuoso e anche solo dover fare pochi chilometri può risultare molto lungo. Le strade sono quelle che ci si potrebbe aspettare da una repubblica ex sovietica, seppur messe abbastanza bene, è difficile percorrerle a velocità particolarmente elevate.
( Dopo alcuni viaggi nei territori più estremi dell’ex Unione posso dire forse di aver abbassato i miei standard su quello che potrebbe essere una strada “messa bene”, l’Armenia ha perlomeno asfaltate le vie principali di comunicazione e questo non è sempre da dare per scontato).
Detto questo però non tutto il male viene per nuocere e la possibilità di percorrere queste montagne con tutta la calma del mondo, fa apprezzare ancora di più un territorio morfologicamente fantastico. Non sono un amante della montagna e né la montagna armena è di quelle estremamente particolari, però quello è uno dei paesaggi che più mi è rimasto dentro tra i tanti che ho potuto vedere, è selvaggio, aspro, ma allo stesso tempo morbido e armonico. Unico.

Dopo quindi innumerevoli peripezie, strade sbagliate e chilometri fatti al buio in sentieri sterrati in mezzo ai boschi (maledetta cartina…), sole estivo alternato a nebbia così fitta da non lasciar intravedere nemmeno a mezzo metro di distanza, arriviamo al confine con l’Artsakh. Tra le rocce, un gabbiotto della polizia, dei bagni pubblici e nient’altro, se non la bandiera armena e quella del Nagorno Karabakh svettanti fiere.
L’ingresso è facile, senza grossi punti di domanda, l’importante è non avere timbri azeri sul passaporto (ma quello è essenziale anche per l’ingresso in Armenia, ne ha fatto le spese un nostro inconsapevole compagno di viaggio giapponese sul confine georgiano-armeno). La strada dal confine alla capitale, Stepanakert, è tutto sommato veloce, montuosa, ovviamente, ma sorprendentemente molto più abitata dei territori armeni attraversati fino a quel momento. Ogni tanto sbuca qualche memoriale della guerra di inizio anni 90, carri armati e monumenti inneggianti alla tanto agognata indipendenza dal controllo azero.
Nagorno Karabakh Sightseeing
Mi aspettavo una capitale piccola, povera, una città dimenticata, la stessa Armenia, fuori da Jerevan è un paese estremamente povero, le città che dovrebbero essere considerate come medio-grandi, non sono altro che piccoli agglomerati urbani o villaggi in cui la fanno da padrone gli scheletri ormai svuotati di vecchie e prosperose industrie sovietiche.

Sorprendentemente invece ci troviamo di fronte a una città moderna, piena di edifici nuovi, stradoni in perfetto stato. Una città che vuole rialzarsi e vivere a pieni polmoni. Ovviamente non è passato molto dall’ultima guerra e soprattutto, per quanto si possa cercare di far girare l’economia, la ricchezza è quella che è e molto è ancora rimasto come un tempo, compresi gli edifici crivellati di colpi di mitragliatrice.
Dopo aver fatto il visto nell’ufficio del ministero, incontriamo quello che è stato il nostro contatto e guida in Nagorno, Aleksej, un simpatico ragazzo appena maggiorenne. Per prima cosa, da fiero abitante del Nagorno, ci porta al museo della città, per farci conoscere a pieno la storia di quella regione, di quel paese. Oltre a conoscere tutti gli aspetti dell’Artsakh, imparo anche un’altra lezione, utile per un amante dei viaggi self-made come me e che, anche se potrebbe sembrare banale, non lo è.
L’importanza di visitare sempre e come primissima cosa, il museo cittadino o nazionale nella città o paese in cui si viaggia.
Non sono un grandissimo amante dei musei lo ammetto, però conoscere la storia e la cultura di un posto, direttamente dalla “fonte”, prima di visitare il resto delle attrazioni che questo ha da offrire, te le fa apprezzare molto di più. Forse poi questo è un aspetto che si fa più evidente ed è più applicabile visitando luoghi che non sono battuti dal turismo di massa e che non hanno guide turistiche grandi come romanzi.
Scopro inoltre che il Nagorno Karabakh è di più che una semplice regione simbolica da visitare, almeno turisticamente parlando, e decidiamo quindi di fermarci un paio di giorni per godere appieno di quello che questo luogo ha da offrirci e dell’ospitalità del nostro nuovo amico, Aleksej. Per quanto riguarda il cibo, c’è poco da dire, è tutto estremamente buono. Nulla di diverso dal cibo armeno, del quale non parlerò ora, altrimenti potrei scrivere un libro, ma una cosa è certa.

Nonostante sia un luogo di montagna, nonostante il clima non sia particolarmente favorevole e nonostante la quasi totale inaccessibilità delle merci se non dalla confinante Georgia a nord e da una striscia di terra sud, confinante con l’Iran, il cibo armeno non ha nulla da invidiare a quello che si può trovare in Turchia o in un qualsiasi paese mediterraneo. È tutto estremamente fresco e ricco di sapori, senza però risultare pesante o stucchevole. In Nagorno Karabakh ho assaggiato i migliori Dolma (i famosi involtini di carne in foglia di vite) che abbia mai provato e una versione tutta “Artskahiana” della pizza armena, una sorta di Lamanchun vegetariano.
Abbiamo poi visitato la città di Shusha, a pochi chilometri dalla capitale Stepanakert, dove risiede la più simbolica cattedrale armena della regione e anche una delle più importanti e grandi.
Siamo stati inoltre anche ad est, quasi al confine con la linea di controllo militare, qui si trova Tigranakert, un’antica città, fondata da Tigrane il Grande, della quale sono riemerse dagli scavi archeologici le antiche mura e l’antica cittadella. Un posto surreale. Uno scavo archeologico vicino al quale è stato costruita una sorta di nuova cittadella in stile antico, tipicamente turistico, come fosse un’attrazione che ospita discrete flotte di visitatori, ma che in quel momento (era estate, un periodo di alta stagione) era deserto.

A suo modo affascinante. Una città antica, valorizzata molto bene e attrezzata per essere perfettamente fotogenica ed a prova di guida turistica, nel bel mezzo del nulla, lì, in quelle zone dove si combatte ed è molto più normale vedere carri armati che famigliole con le macchine fotografiche.

Nella strada tra Stepanakert e Tigranakert, tra i numerosissimi venditori ambulanti di angurie (è qualcosa di veramente tipico dei paesi ex-sovietici, o perlomeno quelli dal clima più propizio per questo frutto, penso che metà della popolazione venda angurie, l’altra metà è cliente abituale) e slalom per evitare massi cadenti dai camion incrociati durante il percorso, è stato curioso imbattersi in un villaggio, senza nome, abbandonato, completamente bombardato.


Magari chi è stato in regioni in guerra sa di cosa parlo, però è una sensazione strana vedere tutte quelle case, una volta anche molto recentemente in realtà, abitate, completamente distrutte, annerite dal fuoco e dalle esplosioni, vuote. Fa molto più effetto che vederle in fotografia. Difficile comunque vedere molto altro in Nagorno Karabakh, quello che è veramente particolare è il clima che si respira qui, sono le persone soprattutto.
Ho viaggiato abbastanza e in tutti i miei viaggi penso di non aver mai incontrato persone così disponibili, così ben disposte verso il prossimo e così sinceramente e spassionatamente gentili come gli armeni.
Mi piace sempre raccontare un aneddoto, perché è una situazione che mi è rimasta molto impressa e che è indicativa del tipo di persone che sono gli armeni. Stavamo viaggiando con la nostra Lada, quando dal nulla e senza né ragione né preavviso, questa si spegne. Ci accostiamo e di segni di vita, dalla macchina, non ne arrivano, se non una densissima coltre di fumo che da sotto il volante comincia ad invadere tutto l’abitacolo. Insomma, neanche molto sorpresi visto il mezzo, scendiamo dalla macchina. Non ho fatto nemmeno in tempo a pensare chi avrei potuto chiamare, in quale modo, che si ferma subito una macchina, scende un signore e quello che era probabilmente il cognato e si accertano subito quale sia il problema, perché siamo fermi a bordo strada e se possono fare qualcosa per aiutare. Dettaglio abbastanza divertente: per scendere ad aiutare due stranieri, con i quali a malapena si riesce a comunicare.
(pro tip: se mai voleste visitare qualsivoglia paese ex-sovietico, escludendo gli ormai europeissimi paesi baltici, scordatevi l’inglese, o russo oppure a gesti. C’è da dire che anche non sapendo il russo, nessuno si stuferà di provare a comprendervi anche in codice morse se necessario).
Senza nemmeno sapere quale fosse il problema, in una zona in cui il turista non è certo visto come grande fonte primaria di guadagno visto l’assenza di qualsiasi cosa che possa far spendere soldi a quel turista, padre e marito lasciano in macchina ad aspettare una donna incinta che qualche momento dopo ci ritroviamo a vomitare a bordo strada, temendo pure di doverla assistere per un parto lampo, visto le condizioni. Oltre queste persone, a fermarsi per assistere, sono stati tutti, ma proprio tutti, quelli che passavano da quella strada. Chi contattava i meccanici per chiedere consiglio e aiuto, chi provava a capire da solo il problema e mettere mani al motore, chi si offriva di trainarci fino alla città più vicina (era già sera, su una strada di montagna, chi sa cosa vuol dire trainare una macchina può capire cosa questo comporti a livello di nervi e tempo). Alla fine dei conti era una macchina a noleggio e nel bene o nel male, una soluzione è sempre garantita, anche in questi paesi. La cosa che è stata sorprendente e che non mi è capitata mai altrove, è la sincera disponibilità di tutte queste persone.
Un futuro molto incerto.
Aggiornamenti
Mi è molto dispiaciuto sentire le notizie degli attacchi azeri dell’anno scorso. Sono stato in contatto con gli armeni conosciuti e chi non è andato sul fronte a difendere il proprio paese, come il nostro amico Aleksej, si è comunque adoperato in ogni modo per aiutare la gente del Nagorno a sopravvivere e non perdere la speranza, almeno fino al giorno del cessate il fuoco, in cui praticamente la quasi totalità del paese, ad eccezione della capitale Stepanakert, è finito sotto il controllo azero. Ora di quel paese non rimane più nulla, gli abitanti sono scappati, prima di finire sotto le mani del nemico e la speranza è che in futuro non sparisca del tutto e che si possa rilanciare, sia per il paese che soprattutto per le persone che ci abitano, che più di ogni altre, meritano un po’ di pace e soprattutto meritano di essere conosciute anche dal turismo.